La liberazione di Aleppo e i compiti dei socialisti
rivoluzionari antimperialisti
Os editores do Boletim de informações internacionalistas "Aurora", em particular por Alessandro Lattanzio, traduziram para o italiano e publicaram no dia 08/03/2017 a declaração internacional sobre a vitória antiimperialista de Aleppo assinada pela FCT e por mais 9 organizações de militantes internacionais, distribuídos em quatro continentes. Agradecemos a iniciativa e a reproduzimos abaixo:
Dichiarazione congiunta, 01/12/2017
Socialist Fight – Inghilterra
Workers Socialist League – USA
Tendência Militante Bolchevique – Argentina
Communist Revolutionary Action – Grecia
Frente Comunista dos Trabalhadores – Brasile
CEDS – Centro de Estudos e Debates Socialistas – Brasile
Ady Mutero, Revolutionary Internationalist League – Zimbabwe
Mohammad Basir Ul Haq Sinha, President, Inter Press Network,
Dhaka – Bangladesh
Akhar Bandyopadhyay, Bhagat Singh’s Socialist – India
Frank Fitzmaurice, Liverpool – Inghilterra
1. La liberazione finale di Aleppo, a metà dicembre 2016, è
una sconfitta delle milizie jihadiste sponsorizzate dagli Stati Uniti e dai
suoi alleati Turchia, Arabia Saudita, Giordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti e
Libia, per citarne i più importanti. Una vittoria dell’imperialismo ad Aleppo
avrebbe inflitto un enorme colpo alla classe operaia della Siria e del Medio
Oriente.
2. La sconfitta dell’imperialismo mondiale dominato dagli
USA, dove hanno sede le grandi società finanziarie di Wall Street e le loro
multinazionali alleate, e gli imperialismi subordinati di Europa, Giappone,
Australia, Nuova Zelanda, Canada, ecc., è una vittoria per la classe operaia
mondiale e tutti i popoli oppressi del pianeta. Naturalmente, non si tratta di
una vittoria socialista rivoluzionaria, ma rafforza la lotta della classe
operaia della Siria contro l’imperialismo e quindi, in ultima analisi, contro
la propria classe dirigente capitalista.
3. Riaffermiamo con Marx ed Engels (almeno a partire dalla
“svolta irlandese” del 1869, enunciata nella lettera di Marx a Ludwig
Kugelmann), Lenin, i bolscevichi e Trotskij l’importanza vitale della
distinzione tra nazioni oppresse e oppressive (per cui Lenin ha combattuto così
eroicamente nella sua ultima lotta dal letto di morte, scrivendo nel dicembre
1922, “una punizione esemplare va inflitta al compagno Ordzhonikidze. La responsabilità
politica di tutta questa enorme campagna nazionalista russa deve, naturalmente,
essere posta su Stalin e Dzerzhinskij (il capo della Ceka). Finché lo
sciovinismo grande russo non sarà combattuto fino alla morte, il sostegno del
partito ai movimenti di liberazione nazionale antimperialisti sarà del tutto
ipocrita: noi stessi cediamo… ad atteggiamenti imperialistici verso le
nazionalità oppresse, minando in tal modo la nostra sincerità di principio, la
nostra difesa del principio della lotta all’imperialismo e tra imperialismo e
mondo semi-coloniale“).
4. Rifiutiamo assolutamente la proposta che Cina e Russia
siano potenze imperialiste nel senso marxista, come sviluppato da Lenin nel suo
lavoro del 1916 L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, difeso da tutti i
marxisti seri fin da allora.
5. Pertanto, rifiutiamo assolutamente la proposizione che il
conflitto in Siria, nel Medio Oriente e nel mondo sia un conflitto tra due
imperialismi uguali e contrari; l’imperialismo occidentale dominato dagli Stati
Uniti e l’imperialismo orientale dominato da Cina e Russia. Alcune
organizzazioni trotskiste sostengono che l’URSS fosse un Paese dal capitalismo
di Stato prima della caduta nel 1991. Abbiamo seguito la linea definita da Leon
Trotskij che definiva l’URSS Stato dei lavoratori degenerato, e l’abbiamo fatto
fino all’inizio del periodo Eltsin. Oggi, la Russia è uno Stato capitalista a
tutti gli effetti, ma bisogna fare attenzione a caratterizzarlo come Paese
imperialista, perché questo significa paragonarlo all’imperialismo di Stati
Uniti ed europeo, dal ruolo aggressivo nel mondo di oggi. Non c’è uno scontro
tra imperialismi. Le scuse fatte su un ritorno alla “guerra fredda” sono una
strategia dell’imperialismo degli Stati Uniti per isolare la Russia, così come
la Cina, e rafforzare ideologicamente i propri interessi. Alcune funzioni della
Russia non vanno confuse, come l’importanza della sua economia industriale e
del suo arsenale militare, che rimane potente e anche rinvigorito, quali
manifestazioni di una politica imperialista. L’intervento militare della Russia
in Siria, che ha messo fine ai bombardamenti di Stati Uniti e NATO contro il
governo di Bashar al-Assad, e gli attacchi aerei russi contro SIIL e altri
gruppi armati in Siria, sono dimostrazioni militari del nazionalismo russo, per
preservarne la posizione nel Medio Oriente. Una parte della borghesia russa si
identifica con questo nazionalismo e la politica internazionale del governo di
Putin, che esprime i propri interessi di classe. Gazprom è il più grande
esempio di questa associazione. Detenuta principalmente dal capitale dello
Stato, è la maggiore compagnia russa e il maggiore esportatore mondiale di gas
naturale, principalmente in Europa. Il nazionalismo russo, ereditato dallo
zarismo e dallo Stato sovietico degenerato, resiste oggi e contrasta l’avanzata
dell’imperialismo verso l’Europa orientale, l’Ucraina e la Siria, e in queste
situazioni specifiche svolge un ruolo progressivo. Di fronte alle minacce
espansionistiche della NATO e dell’imperialismo, la Russia va difesa senza
condizioni da tutti i rivoluzionari
6. Dalla fine della Seconda guerra mondiale c’è solo una
potenza imperialista egemonica mondiale, gli Stati Uniti, anche se in declino
per influenza e forza politica ed economica. Tutte le altre potenze
imperialiste sono subordinate a questa, però malvolentieri. Il dollaro è di
gran lunga la valuta di scambio del mondo più importante, i mercati azionari
degli Stati Uniti dominano il mondo in alleanza con la City di Londra; l’esercito
e la marina statunitensi sono più forti delle successive dieci nazioni messe
insieme; con i suoi alleati della NATO, alle 20 nazioni prossime. E
tecnologicamente in quasi ogni campo sono molto più avanzati; le loro 10
superportaerei (il 60% in più rispetto al suo rivale più immediato) e le 9
portaelicotteri hanno una superficie maggiore di tutte le altre portaerei del
resto del mondo messe insieme. Gli Stati Uniti hanno 800 basi militari in tutto
il mondo. I militari statunitensi sono presenti in 156 Paesi ed hanno basi in
63 Paesi. Gli Stati Uniti hanno costruito nuove basi in sette Paesi dall’11
settembre 2001. La Russia ha otto basi, tutte tranne Tartus in Siria nei Paesi
dell’ex-URSS. La Cina non ne ha affatto.
7. Questo non significa che l’imperialismo globale non può
essere sconfitto. Fin dalla sconfitta in Vietnam nel 1975, in gran parte fa
affidamento alle forze di ascari per il lavoro sporco, ma tali forze possono
ribellarglisi; Usama bin Ladin era una volta un uomo della CIA e anche se la
CIA celebrò il rovesciamento di Najibullah in Afghanistan nel 1992, le loro
creature (al-Qaida e SIIL) gli si ribellarono lì e in Libia, Iraq, Siria e Nord
Africa. La loro sconfitta ad Aleppo ne mostra i limiti. Gli ‘stivali sul
terreno’ soffrono ancora dalla sindrome del Vietnam. L’opposizione pubblica ha
impedito il bombardamento di Damasco nel 2013, nel timore di ripetere la
debacle che gli fece gettare in mare elicotteri da milioni di dollari al largo
di Saigon, nell’aprile 1975.
8. Nel dare appoggio incondizionato, ma fondamentale al
governo siriano di Assad, all’Esercito arabo siriano e agli alleati russi,
Hezbollah e milizie iraniane contro l’imperialismo, non si ‘mescola il rosso
con il blu’, non diamo a queste forze e milizie nazionaliste borghesi sostegno
politico contro la propria classe operaia o diffondendo l’illusione che
vogliano infine sconfiggere l’imperialismo.
9. Le classi lavoratrici siriane, egiziane, turche,
iraniane, irachene, libanesi, israeliane, palestinesi e libiche devono forgiare
il proprio programma rivoluzionario basato su principi antisionisti ed
antimperialisti, per dei consigli operai per gli Stati Uniti socialisti di
Medio Oriente e Nord Africa.
10. Se sostituiamo il nome di Chiang Kai-shek con quelli
degli attuali leader avversari delle macchinazioni dell’imperialismo dominato
dagli Stati Uniti, l’intervento del 1937 di Trotskij sull’invasione giapponese
della Cina, conserva oggi tutta l’essenza politica: “Non dobbiamo illuderci su
Chiang Kai-shek, il suo partito o la classe dirigente della Cina, proprio come
Marx ed Engels non si fecero illusioni sulle classi dirigenti di Irlanda e
Polonia. Chiang Kai-shek è il carnefice degli operai e dei contadini cinesi. Ma
oggi è costretto, suo malgrado, a lottare contro il Giappone per ciò che resta
dell’indipendenza della Cina. Domani potrà ancora tradire. È possibile. È
probabile. È anche inevitabile. Ma oggi lotta. Solo vigliacchi, mascalzoni, o
imbecilli completi possono rifiutarsi di partecipare a questa lotta“.
11. Bashar Hafiz al-Assad lotta per l’indipendenza della
Siria dal 2011. La Siria ha spezzato le varie offensive del cambio di regime
condotte dagli Stati Uniti, dalla dichiarazione della Guerra al Terrore del
presidente degli Stati Uniti George W Bush, nel settembre 2011.
12. Questo è accaduto in: Afghanistan (Operazione Enduring
Freedom, 2001), Iraq (Operazione Iraqi Freedom, 2003), Libia (bombardamento
NATO della Libia, appoggiato dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza
dell’ONU 1973 del 2011), Mali, ecc, (Operazione Enduring Freedom – Trans Sahara
OEF-TS 2012 -3) Somalia, (Operazione Enduring Freedom – Corno d’Africa, dal
2006) e Ucraina (2014). Nonostante i titoli, alcuna libertà immaginabile è
arrivata in queste terre.
13. In tutti questi casi, i socialisti rivoluzionari erano
per la sconfitta delle forze imperialiste e per la vittoria dei loro avversari,
nonostante fossero dei reazionari o le destre a guidarli. Questa è la
tradizione socialista rivoluzionaria antimperialista del Comintern
rivoluzionario fino al 1922, e la posizione di Trotskij sulla Cina nel 1937, in
Abissinia nel 1936 contro l’invasione italiana e nel 1938 contro l’ipotetica
invasione inglese del Brasile guidato dal governo fascista di Vargas.
14. In una guerra tra blocchi di potenze imperialiste, siamo
per il disfattismo su entrambi i fronti, sempre per la sconfitta della nostra e
di ogni altra nazione imperialista. Questa è l’unica posizione marxista
internazionalista che va difesa. Seguiamo la fiera tradizione del famoso
volantino di Karl Liebknecht ‘Il nemico principale è a casa!’ (Maggio 1915) sul
principio vitale de “Il nemico principale del popolo tedesco è in Germania:
l’imperialismo tedesco, il partito della guerra tedesco, la diplomazia segreta
tedesca. Questo nemico in patria va combattuto dal popolo tedesco nella lotta
politica, cooperando con il proletariato degli altri Paesi che lotta contro i
suoi stessi imperialisti“.
15. In tutte le guerre imperialiste contro i Paesi
semi-coloniali, dalle invasioni dirette ai bombardamenti o all’uso di eserciti
mercenari, o in entrambi i casi, siamo per la sconfitta della potenza
imperialista e per la vittoria della semi-colonia. Ci sono due ragioni
importanti per questa posizione
(a) la sconfitta dell’imperialismo che attacca
una nazione semi-coloniale aumenta la fiducia in se della classe operaia della
nazione nel trattare con la propria classe dirigente e
(b) forse ancora più
importante, è un duro colpo agli atteggiamenti sciovinistici della classe
operaia nel Paese imperialista, costantemente rafforzati dalla dirigenza
politica capitalistica e dai suoi agenti nel movimento operaio, nella
burocrazia sindacale e nella leadership dei partiti socialdemocratici alleati.
La sindrome del Vietnam dopo la liberazione di Hanoi nel 1975 è stato un bene
molto prezioso per i rivoluzionari; Aleppo, dopo la sua liberazione nel
dicembre 2016, è una fonte d’ispirazione similare.
16. La sconfitta dell’imperialismo richiede nel mondo una
nuova Internazionale che sia anticapitalista e antimperialista. A questo scopo
ci dedichiamo.
17. La liberazione completa di Aleppo, della Siria, del
Medio Oriente e del pianeta avvererrà solo con la rivoluzione socialista contro
tutti i governi capitalisti.