domingo, 12 de março de 2017

LA LIBERAZIONE DI ALEPPO - DICHIARAZIONE CONGIUNTA

La liberazione di Aleppo e i compiti dei socialisti rivoluzionari antimperialisti

Os editores do Boletim de informações internacionalistas "Aurora", em particular por Alessandro Lattanzio, traduziram para o italiano e publicaram no dia 08/03/2017 a declaração internacional sobre a vitória antiimperialista de Aleppo assinada pela FCT e por mais 9 organizações de militantes internacionais, distribuídos em quatro continentes. Agradecemos a iniciativa e a reproduzimos abaixo:

Dichiarazione congiunta, 01/12/2017
Socialist Fight – Inghilterra
Workers Socialist League – USA
Tendência Militante Bolchevique – Argentina
Communist Revolutionary Action – Grecia
Frente Comunista dos Trabalhadores – Brasile
CEDS – Centro de Estudos e Debates Socialistas – Brasile
Ady Mutero, Revolutionary Internationalist League – Zimbabwe
Mohammad Basir Ul Haq Sinha, President, Inter Press Network, Dhaka – Bangladesh
Akhar Bandyopadhyay, Bhagat Singh’s Socialist – India
Frank Fitzmaurice, Liverpool – Inghilterra

1. La liberazione finale di Aleppo, a metà dicembre 2016, è una sconfitta delle milizie jihadiste sponsorizzate dagli Stati Uniti e dai suoi alleati Turchia, Arabia Saudita, Giordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Libia, per citarne i più importanti. Una vittoria dell’imperialismo ad Aleppo avrebbe inflitto un enorme colpo alla classe operaia della Siria e del Medio Oriente.

2. La sconfitta dell’imperialismo mondiale dominato dagli USA, dove hanno sede le grandi società finanziarie di Wall Street e le loro multinazionali alleate, e gli imperialismi subordinati di Europa, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Canada, ecc., è una vittoria per la classe operaia mondiale e tutti i popoli oppressi del pianeta. Naturalmente, non si tratta di una vittoria socialista rivoluzionaria, ma rafforza la lotta della classe operaia della Siria contro l’imperialismo e quindi, in ultima analisi, contro la propria classe dirigente capitalista.

3. Riaffermiamo con Marx ed Engels (almeno a partire dalla “svolta irlandese” del 1869, enunciata nella lettera di Marx a Ludwig Kugelmann), Lenin, i bolscevichi e Trotskij l’importanza vitale della distinzione tra nazioni oppresse e oppressive (per cui Lenin ha combattuto così eroicamente nella sua ultima lotta dal letto di morte, scrivendo nel dicembre 1922, “una punizione esemplare va inflitta al compagno Ordzhonikidze. La responsabilità politica di tutta questa enorme campagna nazionalista russa deve, naturalmente, essere posta su Stalin e Dzerzhinskij (il capo della Ceka). Finché lo sciovinismo grande russo non sarà combattuto fino alla morte, il sostegno del partito ai movimenti di liberazione nazionale antimperialisti sarà del tutto ipocrita: noi stessi cediamo… ad atteggiamenti imperialistici verso le nazionalità oppresse, minando in tal modo la nostra sincerità di principio, la nostra difesa del principio della lotta all’imperialismo e tra imperialismo e mondo semi-coloniale“).

4. Rifiutiamo assolutamente la proposta che Cina e Russia siano potenze imperialiste nel senso marxista, come sviluppato da Lenin nel suo lavoro del 1916 L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, difeso da tutti i marxisti seri fin da allora.

5. Pertanto, rifiutiamo assolutamente la proposizione che il conflitto in Siria, nel Medio Oriente e nel mondo sia un conflitto tra due imperialismi uguali e contrari; l’imperialismo occidentale dominato dagli Stati Uniti e l’imperialismo orientale dominato da Cina e Russia. Alcune organizzazioni trotskiste sostengono che l’URSS fosse un Paese dal capitalismo di Stato prima della caduta nel 1991. Abbiamo seguito la linea definita da Leon Trotskij che definiva l’URSS Stato dei lavoratori degenerato, e l’abbiamo fatto fino all’inizio del periodo Eltsin. Oggi, la Russia è uno Stato capitalista a tutti gli effetti, ma bisogna fare attenzione a caratterizzarlo come Paese imperialista, perché questo significa paragonarlo all’imperialismo di Stati Uniti ed europeo, dal ruolo aggressivo nel mondo di oggi. Non c’è uno scontro tra imperialismi. Le scuse fatte su un ritorno alla “guerra fredda” sono una strategia dell’imperialismo degli Stati Uniti per isolare la Russia, così come la Cina, e rafforzare ideologicamente i propri interessi. Alcune funzioni della Russia non vanno confuse, come l’importanza della sua economia industriale e del suo arsenale militare, che rimane potente e anche rinvigorito, quali manifestazioni di una politica imperialista. L’intervento militare della Russia in Siria, che ha messo fine ai bombardamenti di Stati Uniti e NATO contro il governo di Bashar al-Assad, e gli attacchi aerei russi contro SIIL e altri gruppi armati in Siria, sono dimostrazioni militari del nazionalismo russo, per preservarne la posizione nel Medio Oriente. Una parte della borghesia russa si identifica con questo nazionalismo e la politica internazionale del governo di Putin, che esprime i propri interessi di classe. Gazprom è il più grande esempio di questa associazione. Detenuta principalmente dal capitale dello Stato, è la maggiore compagnia russa e il maggiore esportatore mondiale di gas naturale, principalmente in Europa. Il nazionalismo russo, ereditato dallo zarismo e dallo Stato sovietico degenerato, resiste oggi e contrasta l’avanzata dell’imperialismo verso l’Europa orientale, l’Ucraina e la Siria, e in queste situazioni specifiche svolge un ruolo progressivo. Di fronte alle minacce espansionistiche della NATO e dell’imperialismo, la Russia va difesa senza condizioni da tutti i rivoluzionari

6. Dalla fine della Seconda guerra mondiale c’è solo una potenza imperialista egemonica mondiale, gli Stati Uniti, anche se in declino per influenza e forza politica ed economica. Tutte le altre potenze imperialiste sono subordinate a questa, però malvolentieri. Il dollaro è di gran lunga la valuta di scambio del mondo più importante, i mercati azionari degli Stati Uniti dominano il mondo in alleanza con la City di Londra; l’esercito e la marina statunitensi sono più forti delle successive dieci nazioni messe insieme; con i suoi alleati della NATO, alle 20 nazioni prossime. E tecnologicamente in quasi ogni campo sono molto più avanzati; le loro 10 superportaerei (il 60% in più rispetto al suo rivale più immediato) e le 9 portaelicotteri hanno una superficie maggiore di tutte le altre portaerei del resto del mondo messe insieme. Gli Stati Uniti hanno 800 basi militari in tutto il mondo. I militari statunitensi sono presenti in 156 Paesi ed hanno basi in 63 Paesi. Gli Stati Uniti hanno costruito nuove basi in sette Paesi dall’11 settembre 2001. La Russia ha otto basi, tutte tranne Tartus in Siria nei Paesi dell’ex-URSS. La Cina non ne ha affatto.

7. Questo non significa che l’imperialismo globale non può essere sconfitto. Fin dalla sconfitta in Vietnam nel 1975, in gran parte fa affidamento alle forze di ascari per il lavoro sporco, ma tali forze possono ribellarglisi; Usama bin Ladin era una volta un uomo della CIA e anche se la CIA celebrò il rovesciamento di Najibullah in Afghanistan nel 1992, le loro creature (al-Qaida e SIIL) gli si ribellarono lì e in Libia, Iraq, Siria e Nord Africa. La loro sconfitta ad Aleppo ne mostra i limiti. Gli ‘stivali sul terreno’ soffrono ancora dalla sindrome del Vietnam. L’opposizione pubblica ha impedito il bombardamento di Damasco nel 2013, nel timore di ripetere la debacle che gli fece gettare in mare elicotteri da milioni di dollari al largo di Saigon, nell’aprile 1975.

8. Nel dare appoggio incondizionato, ma fondamentale al governo siriano di Assad, all’Esercito arabo siriano e agli alleati russi, Hezbollah e milizie iraniane contro l’imperialismo, non si ‘mescola il rosso con il blu’, non diamo a queste forze e milizie nazionaliste borghesi sostegno politico contro la propria classe operaia o diffondendo l’illusione che vogliano infine sconfiggere l’imperialismo.

9. Le classi lavoratrici siriane, egiziane, turche, iraniane, irachene, libanesi, israeliane, palestinesi e libiche devono forgiare il proprio programma rivoluzionario basato su principi antisionisti ed antimperialisti, per dei consigli operai per gli Stati Uniti socialisti di Medio Oriente e Nord Africa.

10. Se sostituiamo il nome di Chiang Kai-shek con quelli degli attuali leader avversari delle macchinazioni dell’imperialismo dominato dagli Stati Uniti, l’intervento del 1937 di Trotskij sull’invasione giapponese della Cina, conserva oggi tutta l’essenza politica: “Non dobbiamo illuderci su Chiang Kai-shek, il suo partito o la classe dirigente della Cina, proprio come Marx ed Engels non si fecero illusioni sulle classi dirigenti di Irlanda e Polonia. Chiang Kai-shek è il carnefice degli operai e dei contadini cinesi. Ma oggi è costretto, suo malgrado, a lottare contro il Giappone per ciò che resta dell’indipendenza della Cina. Domani potrà ancora tradire. È possibile. È probabile. È anche inevitabile. Ma oggi lotta. Solo vigliacchi, mascalzoni, o imbecilli completi possono rifiutarsi di partecipare a questa lotta“.

11. Bashar Hafiz al-Assad lotta per l’indipendenza della Siria dal 2011. La Siria ha spezzato le varie offensive del cambio di regime condotte dagli Stati Uniti, dalla dichiarazione della Guerra al Terrore del presidente degli Stati Uniti George W Bush, nel settembre 2011.

12. Questo è accaduto in: Afghanistan (Operazione Enduring Freedom, 2001), Iraq (Operazione Iraqi Freedom, 2003), Libia (bombardamento NATO della Libia, appoggiato dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU 1973 del 2011), Mali, ecc, (Operazione Enduring Freedom – Trans Sahara OEF-TS 2012 -3) Somalia, (Operazione Enduring Freedom – Corno d’Africa, dal 2006) e Ucraina (2014). Nonostante i titoli, alcuna libertà immaginabile è arrivata in queste terre.

13. In tutti questi casi, i socialisti rivoluzionari erano per la sconfitta delle forze imperialiste e per la vittoria dei loro avversari, nonostante fossero dei reazionari o le destre a guidarli. Questa è la tradizione socialista rivoluzionaria antimperialista del Comintern rivoluzionario fino al 1922, e la posizione di Trotskij sulla Cina nel 1937, in Abissinia nel 1936 contro l’invasione italiana e nel 1938 contro l’ipotetica invasione inglese del Brasile guidato dal governo fascista di Vargas.

14. In una guerra tra blocchi di potenze imperialiste, siamo per il disfattismo su entrambi i fronti, sempre per la sconfitta della nostra e di ogni altra nazione imperialista. Questa è l’unica posizione marxista internazionalista che va difesa. Seguiamo la fiera tradizione del famoso volantino di Karl Liebknecht ‘Il nemico principale è a casa!’ (Maggio 1915) sul principio vitale de “Il nemico principale del popolo tedesco è in Germania: l’imperialismo tedesco, il partito della guerra tedesco, la diplomazia segreta tedesca. Questo nemico in patria va combattuto dal popolo tedesco nella lotta politica, cooperando con il proletariato degli altri Paesi che lotta contro i suoi stessi imperialisti“.

15. In tutte le guerre imperialiste contro i Paesi semi-coloniali, dalle invasioni dirette ai bombardamenti o all’uso di eserciti mercenari, o in entrambi i casi, siamo per la sconfitta della potenza imperialista e per la vittoria della semi-colonia. Ci sono due ragioni importanti per questa posizione
(a) la sconfitta dell’imperialismo che attacca una nazione semi-coloniale aumenta la fiducia in se della classe operaia della nazione nel trattare con la propria classe dirigente e
(b) forse ancora più importante, è un duro colpo agli atteggiamenti sciovinistici della classe operaia nel Paese imperialista, costantemente rafforzati dalla dirigenza politica capitalistica e dai suoi agenti nel movimento operaio, nella burocrazia sindacale e nella leadership dei partiti socialdemocratici alleati. La sindrome del Vietnam dopo la liberazione di Hanoi nel 1975 è stato un bene molto prezioso per i rivoluzionari; Aleppo, dopo la sua liberazione nel dicembre 2016, è una fonte d’ispirazione similare.

16. La sconfitta dell’imperialismo richiede nel mondo una nuova Internazionale che sia anticapitalista e antimperialista. A questo scopo ci dedichiamo.


17. La liberazione completa di Aleppo, della Siria, del Medio Oriente e del pianeta avvererrà solo con la rivoluzione socialista contro tutti i governi capitalisti.